Bernanos, Georges
Diario di un curato di campagna
Mondadori
800 - Letteratura
Recensione:
Il diario di un sacerdote mandato a fare il parroco nel nord della Francia è l'occasione per l'autore di ragionare su i temi principali della spiritualità cristiana e della responsabilità dell'uomo a cui è affidato un compito che, per sua stessa natura, è superiore alle proprie forze. Centrale è il fatto che chi riceve la missione di guidare altri non può limitarsi a vivere per se ma deve invece continuamente interrogarsi su qual è il meglio per coloro che è chiamato a guidare, nonostrante questi non abbiano nessuna intenzione o voglia di farsi guidare da lui. Alla fine della sua breve vita il curato di campagna si accorgerà che il male va combattuto in tutte le sue forme ma non sta nelle forze dell'uomo vincerlo.
Citazioni:
Mi dicevo dunque che il mondo e' divorato dalla noia. Naturalmente, bisogna riflettervi un po' sopra, per rendersene conto; la cosa non si sente subito. E' una specie di polvere. Andate e venite senza vederla, la respirate la mangiate, la bevete: e' cosi' sottile, cosi' tenue che sotto i denti non scricchiola nemmeno. Ma basta che vi fermiate un secondo, ecco che vi copre il viso, le mani. Dovete agitarvi continuamente, per scuotere questa pioggia di ceneri. Percio', il mondo si agita molto.
Siamo in guerra, che cosa vuoi? Bisogna guardare il nemico in faccia: "fare fronte" come diceva lui, ricordi? Era il suo motto. In guerra, che indietreggi un bonomo di terza o quarta linea, o un mulattiere di servizio alle truppe, non è cosa di grande importanza, vero? E se si tratta di una pasta frolla di borghese, il quale non ha altro da fare che leggere il giornale, che vuoi che gliene importi al generalissimo? Ma ci sono quelli della prima linea. In prima linea, un petto è un petto. Un petto di meno conta. (p. 99)
Dio ha salvato ognuno di noi, e ognuno di noi vale il sangue di Dio. Puoi tradurla come vuoi, persino in un linguaggio razionalista - il più stupido di tutti - ma ti costringe a mettere vicine delle parole che esplodono al minimo contatto. La società futura potrà sempre tentare di sedersi su di esse! Le daranno fuoco al di dietro, ecco tutto. (p. 43)
Il suo torto, certo, non è stato di voler combattere la sporcizia, ma d'averla voluta annientare, come se fosse possibile. (p. 11)
La loro idea, insomma, non è stupida. Naturalmente, si tratta sempre di sterminare il povero - il povero è il testimone di Gesù Cristo, l'erede del popolo ebreo, diàmine - ma invece di ridurlo a gregge o di ucciderlo, hanno immaginato di farne un piccolo benestante o addirittura - supposto che le cose vadano di meglio in meglio - un piccolo funzionario. Non c'è nulla di più docile, di più regolare di un funzionario. (p. 44)
E' vero che per l'estrema modestia della mia origine, per la mia infanzia miserabile, abbandonata, la sproporzione che sento sempre più tra un'educazione così negletta, persino grossolana, e una certa sensibilità d'intelligenza che mi fa indovinare molte cose, appartengo a una specie d'uomini naturalmente poco disciplinati di cui i miei superiori hanno ben ragione di diffidare. (p. 62)
Noi paghiamo cara, molto cara, la dignità sovrumana della nostra vocazione. Il ridicolo è sempre così vicino al sublime! (p. 65)
Capite? Dopo venti secoli di cristianesimo, corpo di Bacco, non ci si dovrebbe più vergognare d'essere poveri. Altrimenti, voi l'avete tradito, il vostro Cristo! (p. 71)
Credo, anzi sono certo, che molti uomini non impegnano mai il proprio essere, la propria sincerità profonda. Vivono alla superficie di se stessi, e il terreno umano è tanto ricco che questa sottile crosta superficiale basta per un magro raccolto, il quale dà l'illusione d'un destino veritiero. (p. 92)
"Mi vendico" diceva. Insomma, non credeva alla truppe regolari, capisci? "Quando incontro un'ingiustizia che se ne va a spasso tutta sola, senza guardie, e la trovo della mia statura, né troppo debole né troppo forte, le salto sopra e la strangolo." (p. 97)
Poiché se la nostra specie deve perire, perirà di disgusto, di noia. (p. 122)
L'umiliazione volontaria è maestosa, ma una vanità in decomposizione non è molto bella a vedersi!... (p. 183)
Dubitare di se non è umiltà, credo persino che spesso sia la forma più esaltata, quasi delirante, dell'orgoglio, una sorta di feroce gelosia che fa rivoltare un disgraziato contro se stesso, per divorarsi. Il segreto dell'inferno dev'essere in ciò. (p. 204)
Ma, allora, era di me che avevo vergogna, non di lui. Ero come un povero uomo che ama senz'osare dirlo, e nemmeno confessarsi che ama. Oh! Non nego affatto che quelle lacrime potevano essere vili! Ma penso anche ch'erano lacrime d'amore... (p. 226)
Persino sulla Croce, mentre compiva nell'angoscia la perfezione della sua Santa Umanità, Nostro Signore non si afferma vittima dell'ingiustizia: Non sciunt quod faciant. (p. 238)
Partono da qui:
Baudelaire, Charles - I fiori del male: La noia, il mostro sensibile che in uno sbadiglio inghiottirebbe il mondo, per dirla con le parole di Baudelaire, è una dei protagonisti di questo libro. Anche nella poesia introduttiva de I fiori del male, un messaggio al lettore che si appresta ad avventurarsi nell'opera, si sottolinea come la noia sia origine di molte delle sventure dell'uomo.
Joergensen, Giovanni - San Francesco d'Assisi: Il curato di campagna vive in povertà e in umiltà, nonostante il ruolo di parroco dia a lui un certo potere. Povertà è umiltà come per San Francesco d'Assisi, la differenza è che per quest'ultimo esse rappresentano la libertà dal mondo e in fondo la felicità, per il curato una giogo insostenibile e un incurabile dolore.
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Data Acquisizione: 21/02/2004
Anno prima edizione: 1936
Anno stampa: 1989
Pagine: 244
Lingua: ITA
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